Oggi Mandalay è la seconda città più grande del Paese dopo Yangon ed ospita oltre un milione di persone. Nell’ultimo ventennio una considerevole immigrazione proveniente dalla Cina ha notevolmente aumentato le dimensioni della città. I cinesi hanno avviato un processo di sviluppo delle attività commerciali e modernizzato l’apparenza esterna della città che mantiene comunque intatta la propria anima nobile e spirituale. Quale ultimo centro di comando indipendente del Regno prima dell’arrivo degli Inglesi, Mandalay ha infatti conservato fin dal secolo scorso il ruolo di guida culturale e religioso dell’intero Paese. Mandalay è la sede delle Università, il centro di provenienza di una classe fiera ed istruita e soprattutto il cuore pulsante del Buddismo. In città si trovano alcuni tra i più grandi monasteri del mondo, ognuno dei quali può contenere fino a diverse migliaia di monaci. Il Mahagandayon di Amarapura è tra questi il più noto ai circuiti turistici.

Il tempio più sacro di Mandalay è il Mahamuni, dove si può assistere alle preghiere di centinaia di fedeli. Il tempio custodisce una immagine del Buddha in posizione seduta e con le mani nella “mudra” del Bumispharsa (posizione della chiamata della Dea Terra a testimone della raggiunta illuminazione) e nei secoli è stato ricoperto dagli stessi fedeli da uno strato così spesso di foglie d’oro da essere aumentato di dimensioni in modo molto vistoso.

La leggenda racconta che questa statua sia stata scolpita al tempo del Buddha e che il Buddha stesso la abbia toccata ben sette volte portandola così in vita!

Il tempio è molto interessante anche dal punto di vista architettonico. Parzialmente ricostruito dagli inglesi all’inizio del XX secolo, costituisce oggi un ibrido dove la tradizione locale si mescola allo stile coloniale.

Nei pressi del tempio si trovano anche diversi centri artiginali dediti alla scultura delle statue del Buddha.

Mandalay ha una pianta piuttosto regolare che gravita attorno all’immenso complesso dell’antico Palazzo Reale che si estende a base quadrata con un lato di ben 2Km ed è interamente circondato da un largo canale.

Gli stupendi edifici in legno interamente ricoperti di pregiati intarsi che ne occupavano l’interno vennero distrutti durante la seconda guerra mondiale. Oggi il palazzo rivive grazie ad un recente progetto governativo di restauro basato sulla costruzione di nuovi edifici.

Tra le costruzioni originali rimane solo lo stupefacente monastero Shwenandaw, oggi trasportato all’esterno del Palazzo e posto in prossimità della sacra “collina di Mandalay”. La preziosa struttura in legno è montata su di una possente base in pietra ed è suddivisa in due distinti ambienti. Quello orientale era dedicato alla residenza per i monaci mentre la attigua sezione occidentale era l’ambiente per la loro preghiera. L’edificio si chiude con un tetto piramidale a più livelli ognuno a sezione quadrangolare e con i lati decorati da losanghe. Le cornici esterne del livello inferiore così come le pareti esterne sono interamente ricoperte da raffinati intagli che raffigurano divinità locali quali gli spriti “Nats” nonchè diverse divinità induiste e buddiste. Gli ambienti interni contengono dei soppalchi contornati da recinzioni in legno a forma triangolare che racchiudono figure scolpite con una incredibile precisione e cura del dettaglio.

Nei pressi si trova anche la Pagoda Kuthodaw, denominata in gergo il “libro più grande del mondo”. Attorno alla pagoda principale si allineano infatti in modo regolare ben 729 pagode minori ognuna delle quali custodisce una stele che porta l’incisione di una sezione del “Tripitaka”, o “Canone Pali”, il testo sacro dei buddisti Therawada.

Composto nello Sri Lanka nell’antica lingua Pali presumibilmente nel corso del III secolo A.C., il Tripitaka si compone di tre sezioni principali: il Vinaya-Pitaka, che contiene le regole di condotta per i monaci, il Sutta-Pitaka, che contiene gli insegnamenti pratici del Buddha riconducibili ad esempi concreti, e l’Abhidarma-Pitaka, che contiene l’essenza filosofica e immateriale dell’insegnamento Buddista.

Al fianco della Kuthodaw è stato edificato un complesso quasi identico in forme e dimensioni e che ospita le tavole dello stesso testo tradotto in lingua locale.