I grandi viaggi – L’Hippie Trail – 2. Da Istanbul a Persepoli

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Costantinopoli la porta dell’Oriente, l’antica Bisanzio, l’Istanbul dei sultani e quella di oggi. I viaggiatori  che negli anni ’60 e ’70 facevano tappa per la metropoli si trovavano di fronte ad una città in piena trasformazione, sotto l’opera del presidente Adnan Menderes. La multiculturaleIstanbul stava pian piano scomparendo, complici gli “scambi di popolazione” fra Grecia e Turchia degli anni ’20, l’emigrazione dei pochi greci rimasti e degli ebrei verso Israele. In nome dell’industrializzazione e del progresso i vecchi quartieri stavano venendo demoliti e le strade pavimentate, ma la città continuava (e continua) a mantenere la sua aurea magica.

Istanbul – Hagia Sofia

Oggi Istanbul è una città moderna, sulla sponda asiatica svettano i grattacieli, la città è viva e gli affari richiamano nuovamente gente da tutto il mondo. Galata è giovane, piene di locali, dal cui tetto si può godere della vista sul Bosforo. Sultanahmet, anche se un po’ troppo svenduta al turismo, delizia la vista con le architetture del Palazzo Topkapi, Hagia Sofia e della Moschea Blu.

Istanbul è una città da vivere, come tappa di viaggio lascia l’amaro in bocca, da la sensazione di nascondere la sue delizie dietro gli angoli, lontano dalla vista dei turisti mordi e fuggi.

Lasciata Istanbul il viaggio procedeva attraverso Ankara verso la Cappadocia, appena scoperta ed ancora vergine rispetto al turismo di massa. Il Club Mediterranee iniziava a regnare suUchisar, Goreme era ancora un villaggio. Non c’erano Hotel a 5 stelle, gite in mongolfiera, dune buggy e scooter. Solo pochissimi turisti zaino in spalla che si perdevano per le sue favolose valli, i suoi camini delle fate.

Cappadocia

La Cappadocia di oggi è ovviamente diversa. Scoperta dal turismo di massa, è riuscita a difendersi ed a evitare troppi mostri edilizi che snaturano il territorio. Goreme è deliziosa, anche se in agosto ci sono più italiani che locali. Per fortuna il turismo di massa difficilmente cammina, quindi basta inoltrarsi in un sentiero per la valle delle Rose e la valle Rossa (oppure, allontanandosi un po’, per la valle di Ilhara), per godere del silenzio e riposare alla fresco di una delle celebri chiese affrescate scavate nella roccia.

Il viaggio prosegue. Magari il turista odierno potrà trovare riposante virare su Bodrum e le sue spiagge. Negli anni ’60 molti si fermavano e viravano sulle spiagge di Antalya e su Pamukkale, con le sue piscine di travertino. Ma gli stakanovisti continuavano, sempre verso est, oltre il Monte Nemrut e le sue teste giganti, superando il confine con la Siria, magari con una tappa in Libano (questioni di gusto, per chi capisce…), passando Beirut, la multiculturale e splendente Beirut degli anni ’60, prima che la guerra e le sue tragedie ne deturpassero l’aspetto, ma senza intaccarne l’animo, Damasco, che la guerra la sta conoscendo proprio in questi giorni, verso la magica Petra.

Petra

Superata Petra si entrava in Iran, l’Iran dello scià Pahlavi e di Soraya, volto all’occidente, in piena spinta modernizzatrice; Tehran era una città di divertimenti, le donne giravano senza veli e il fermento culturale era vivo. Ma quest’immagine che tanto piaceva agli occidentali nascondeva una dittatura, le torture della polizia segreta ed un malcontento popolare, non solo dei fondamentalisti, ma anche e soprattutto dei  giovani formati nelle scuole occidentali,  che sfociò nella nota rivolta e lo trasformò nell’odierna repubblica islamica.

Persepoli

Il paese rimane però bellissimo, Tehran è da visitare, a Isfahan risplende la magnificenza dell’impero selgiuchide. Ed infine Persepoli con le sue rovine, da dove la storia ci guarda dall’alto.